gennaio 2022

Metaverso, un punto della situazione

visore per la realtà virtuale

Spunti di riflessione sulla buzzword del momento

Dalle criptovalute ai Non Fungible Tokens, il mondo del virtuale sta vivendo un periodo di straordinario fermento. Complice la trasformazione operata da Mark Zuckerberg, in questo momento l’attenzione è sicuramente concentrata su quello che sembra essere un argomento ineludibile: il metaverso.

Come non di rado accade a fronte di fenomeni ancora in fase di innovation o di early adoption, al ribollire della conversazione difficilmente corrisponde una reale chiarezza di visione sulla direzione, sui tempi e sul destino del fenomeno stesso.

Non avendo la pretesa di prevedere il futuro, può essere utile fare un punto sull’ “as is”, mettendo nero su bianco alcuni spunti e dati di fatto sull’evoluzione in corso.

 

1. Metaverso o metaversi?

Il discorso collettivo stenta a dirimere l’equivoco fondamentale tra metaverso come concetto e metaverso come spazio (quantunque virtuale). Alla definizione teorica di metaverso corrisponde infatti una “messa a terra” che si traduce in ambienti diversi e - almeno per il momento - non comunicanti. Per intenderci: Horizon World è Horizon World, Animal Crossing è Animal Crossing, e Fortnite è Fortnite. Non esiste (ancora?) un unico gigantesco metaverso in cui i brand possano comodamente incontrare il nostro avatar.

 

ambiente nel metaverso

 

2. Mondi virtuali e geografie reali

L’attitudine e il rapporto con le nuove tecnologie stanno vedendo l’avanguardia spostarsi dal mondo occidentale all’Asia. Ma se un tempo, per il marketing e la comunicazione tradizionali, guardare agli States significava piuttosto tranquillamente poter indovinare cosa sarebbe accaduto da noi qualche anno più tardi, non è così scontato che ora basti guardare alla Corea del Sud per trarre con altrettanta sicurezza conclusioni esportabili in Europa. Ciò dipende, essenzialmente, da due ordini di ragioni: tecnologiche e socioculturali. L’aspetto tecnologico ha a che fare con il maggiore tasso di alfabetizzazione informatica e la diffusione della banda larga, che hanno portato la Corea, già negli anni scorsi, a registrare il successo di app multifunzione particolarmente onerose dal punto di vista delle performance di connessione: un modello completamente diverso da quello occidentale, in cui è invece la single-purpose a farla da padrone. Anche le ragioni socioculturali sono strettamente connesse alla tecnologia: la crisi finanziaria asiatica della fine degli anni Novanta ha avuto un impatto radicale sulle aspettative lavorative dei giovani di allora, che hanno visto sgretolarsi un modello basato da un lato sull’altissima competitività e dall’altro sulla garanzia del posto fisso; tra le conseguenze del fenomeno si annovera anche l’escapismo che intere masse di giovani disoccupati hanno trovato nei videogame. In tempi più recenti, questa crescente abitudine alla dematerializzazione dell’intrattenimento, unita alle performance della connettività, ha anche favorito la diffusione e il successo, in Asia, di molti più influencer virtuali rispetto all’Europa. E probabilmente non è un caso se proprio i paesi asiatici sono stati tra i primi ad investire con più convinzione negli unmanned stores. Possiamo, in questo momento, ravvisare le stesse condizioni anche da noi? Staremo a vedere se e quanto queste peculiarità tecnologiche e socioculturali si dimostreranno discriminanti. Di certo, per il momento, è quantomeno azzardato prevedere un automatismo “frictionless” per cui ciò che accade ora a Seoul sarà a breve di casa anche a Milano.

 

Coca Cola nel metaverso

 

3. Il primo assalto dei brand

In una prospettiva di marketing, è interessante notare quali siano i brand che sin da ora stanno presidiando il metaverso. Piuttosto prevedibilmente, gli investitori più presenti possono raccogliersi fondamentalmente in due macro categorie: da un lato big brand di risonanza mondiale e dallo spending power gigantesco; dall’altro, brand con un target di riferimento assimilabile ad un profilo giovane e affine al mondo che gravita, direttamente o indirettamente, intorno alla cultura del gaming. Nella prima categoria, per intenderci, si annoverano Coca Cola, Nike e i grandi nomi del fashion da Gucci a Balenciaga, da Louis Vuitton a Moncler, accanto a brand come Verizon, leader nelle telecomunicazioni e dunque particolarmente interessato a posizionarsi come sempre up-to-date. Nella seconda categoria, troviamo brand altrettanto “worldwide” ma più “targettizzanti” quali ad esempio Vans, che ha lanciato uno skate park virtuale su Roblox.

 

Horizon Worlds

 

4. Quanto delle nostre vite siamo disposti a virtualizzare?

Tre considerazioni per affrontare questo punto decisivo.

  1. A mettere il metaverso al centro di un discorso più mainstream, e non solo per addetti ai lavori è stato senza dubbio l’annuncio di Meta. Ma proprio verso Menlo Park è stata subito indirizzata una critica tecnica, riguardo alla necessità di dotarsi di visori Oculus - non esattamente comodissimi e diffusi. Non a caso, se oggi pensiamo agli esempi più citati nell’emisfero occidentale per spiegare il metaverso, i primi nomi che vengono menzionati sono Fortnite, Animal Crossing, Roblox… ovvero mondi che fino a ieri venivano categorizzati semplicemente come videogame, i quali dunque vengono fruiti con interfacce a cui siamo più avvezzi, che si tratti di un controller o di uno schermo touch.
  2. Fanno clamore alcune notizie particolarmente eclatanti, rispetto ad eventi collegati al metaverso: venduto uno yacht virtuale da 650.000 dollari; investitori sborsano milioni di dollari per accaparrarsi lotti di terreno nel metaverso; l’artista Krista Kim vende la prima casa digitale NFT al mondo per 512.000 dollari. In questi casi, la domanda sorge spontanea: almeno per il momento, a parte il piacere del possesso e del collezionismo, quale ricaduta reale hanno questo tipo di investimenti? Per inciso, questo è uno dei motivi per cui il metaverso è spesso associato all’effimero fenomeno di Second Life. Non dimentichiamo però che, ai tempi di Second Life, tanto l’appeal grafico quanto la tecnologia a disposizione erano ben lontani dai livelli raggiunti oggi.

     

    Second Life

     

    A questo proposito, varrebbe la pena di notare che il primo sportello ATM (meccanico) venne installato nel 1939 e rimosso dopo soli sei mesi perché praticamente inutilizzato… salvo poi ricomparire con una nuova tecnologia e nuove prestazioni e diffondersi in tutto il mondo pochi decenni più tardi.
  3. Metaverso e gaming sono naturalmente limitrofi, anzi, in parte già sovrapponibili. Metaverso, NFT e criptovalute sono già un terzetto inscindibile. Da questi assunti dovrebbe discendere una conseguenza naturale, per cui anche gaming, NFT e criptovalute siano sempre più integrati. Ebbene, se da un lato gli investimenti in tal senso da parte delle aziende del settore non mancano, dall’altro i gamer stessi stanno rigettando in modo consistente (almeno in questo momento) i tentativi di inserire gli NFT all’interno dei videogame, per due grandi ordini di motivi: vengono considerati come un tentativo di “spillare quattrini” e sono mal visti per via del grande impatto in termini di carbon footprint - senza contare che stanno già partendo le prime cause contro NFT “non autorizzati” che violano il copyright di beni o marchi esistenti in realtà.

 

Non Fungible Tokens

 

Dunque, per sintetizzare: interfacce, ricaduta reale e fiducia. Verosimilmente, sono queste le principali direttrici che determineranno il successo più o meno rapido del metaverso. In questo momento è ancora difficile prevedere se siamo di fronte a una rivoluzione pari all’avvento di Internet o quanto meno alla diffusione dei social network, oppure se si tratti di una bolla. I nomi coinvolti e i capitali investiti fanno pensare a qualcosa di inevitabile: ma come sempre, è il tasso di accettazione a determinare il successo o l’insuccesso di qualsiasi innovazione.

Sicuramente, le possibilità sul tavolo non sono di natura on/off: trattare il metaverso come se i suoi unici destini fossero “plasmerà in toto la nostra realtà” o “fallirà ignominiosamente” sarebbe poco saggio. La bolla delle dotcom non segnò certo la fine di Internet.

Probabilmente, in questo momento la scelta più saggia per i brand che non possono permettersi una potenza di fuoco planetaria, è quella di continuare a osservare gli sviluppi e soprattutto di mettersi in condizione di capirli a partire dai fondamentali quali l’interoperabilità, gli NFT e le criptovalute. Per essere pronti a cogliere le opportunità al momento giusto, nel posto giusto e nel metaverso giusto.