febbraio 2020

Brand tra sfide e strategie nell'era dell'eco-ansia

L'eco-ansia è la condizione mentale generata da eventi ambientali catastrofici

Di fronte alle crisi ambientali planetarie, il senso di incombente catastrofe non può che influenzare i nostri comportamenti di consumo.

Le crisi ecologiche sono ormai diventate parte della nostra cultura collettiva. Più o meno lentamente, ma di sicuro in modo inesorabile, impattano sulla nostra salute, fisica e mentale.

Sí, l'ansia climatica esiste e ha buone probabilità di riflettersi sui nostri comportamenti di consumo. Di seguito, una rapida carrellata di indizi riconducibili  a questo fenomeno.

1.é IKEA prestarti il divano...

Già a suo tempo applaudito per l’impegno a trasformare il proprio modello di business entro il 2030 secondo i principi dell’economia circolare, il gigante svedese dell’arredamento sperimenterà in 30 mercati un modello di business basato sul leasing, in modo da "supportare i clienti nell’acquisizione, nella cura e nel ri-uso di prodotti IKEA in modo più sostenibile". Questa attenzione di Ikea al tema della sostenibilità va di pari passo con l’interesse manifestato dai suoi clienti verso determinate tipologie di prodotti: nel Regno Unito per esempio, schizzano le vendite dei contenitori per conservare gli avanzi (+127% , delle bottiglie d’acqua riusabili (oltre 55%) e dei cestini per la raccolta differenziata (15%).

2. La Fast fashion rallenta

E mentre Ikea si gongola delle sue performance “sostenibili”, preparandosi inoltre all’opening del suo primo punto vendita “urbano” a Londra, il settore del retail proprio in Gran Bretagna ancora cerca di riprendersi dalla rovinosa debacle del 2019. Seconodo la BBC, "l’anno passato è stato il peggiore registrato da tempo, con vendite in caduta per la prima volta in 24 anni, soprattutto per le cattive performance del segmento high-street.

Sono in molti a mettere in relazione questi dati con un cambiamento nelle abitudini di spesa, che andrebbero a discapito dei beni voluttuari, nello sforzo di perseguire lifestyle più sostenibili. L’industria della moda, in particolare il segmento del “fast fashion”, è da tempo nel mirino per l’impatto ambientale significativo della sua catena produttiva.

3. Assist Vegano

Nestlé Professional è partner del Manchester City nella fornitura e distribuzione negli stadi di offerte alimentari vegane. Una mossa strategica destinata a rendere popolari le alternative vegetali al classico "cibo (o junk food! da stadio"), visto il grande peso che il calcio e in generale gli sport rivestono nella cultura collettiva.

L’ampliamento e la differenziazione dell’offerta risponde anche alla percezione diffusa, e in parte sostenuta da certa ricerca, del minore impatto ambientale dei sostituti vegetali della carne.

4.Vergognati a volare!

In Svezia, i voli domestici sono calati dell’ 8% solo nei primi mesi del 2019, e in questo possiamo scorgere lo zampino di Greta Thunberg –tra le altre cose l’attivista ha scelto di recarsi in treno al World Economic Forum per ridurre il suo impatto ambientale- oltre che del dilagare in Scandinavia del concetto di Flyskam-vergogna di prendere l’aereo.

In risposta, sui diti compagnie come KLM ha cominciato a comparire la fogliolina verde del logo dell’ecosostenibile, per segnalare agli utenti i voli a basse emissioni di CO2.

5.Narrative collettive

Sempre più brand pongono preoccupazioni ambientali al centro della loro agenda di marketing. Adidas e Corona sono alcuni esempi di aziende che cercano anche di ricondurre il dibattito a una dimensione partecipata e collettiva, spesso attraverso il ricorso a campagne promozionali interattive e a una maggiore presenza “fisica” nello spazio pubblico, attraverso iniziative di advertising “ambientale”.

6.Gruppi di sostegno

La Climate Psychology Alliance, è una tra le tante iniziative nate per offrire supporto a individui privati e aziende nella gestione di paure e disperazione legate all'eco-ansia. "Abbiamo raggiunto un livello in cui le organizzazioni richiedono aiuto professionale per i propri dipendenti”, spiega al Guardian un rappresentante dell’istituzione inglese.

Posizionarsi in modo strategico tra ansie e sensi di colpa condivisi

La psicologia moderna suggerisce che le radici dell’ansia, intesa come un debilitante anticipazione mentale del pericolo, non vadano cercate tanto nell’oggetto delle nostre preoccupazioni, quanto piuttosto in un meccanismo inconscio e denigratorio di auto-colpevolizzazione.

E’ plausibile quindi  che l’ansia climatica si nutra della nostra percezione di responsabilità e della vergogna che proviamo nei confronti di un mondo che tutti, in misura minore o maggiore, contribuiamo a distruggere.

Offrire modalità di “riscatto” individuale e collettivo, che facciano leva sul community-building, sull’interazione e sul making- come modalità attive e creative di affrontare il quotidiano limitando il nostro impatto ambientale- insieme ad esperienze che permettano di allargare la conoscenza del cambiamento climatico e le opportunità a nostra disposizione per fare di più e meglio: queste sono alcune opportunità che i brand possono cogliere per costruire con i consumatori legami solidi, in un momento così fragile della storia umana.

References

A-Z of climate anxiety: how to avoid meltdown on the Guardian